[Pills of Life #4] Il mio errore di valutazione sul COVID-19

E’ umano.
Talvolta è imperdonabile.
L’errore di valutazione si commette, e da esso si impara, si cresce, si migliora e si riformula il pensiero. E’ una buona cosa.

Il 6 marzo 2020 scrivevo un post riguardante l’ancora poco conosciuto virus COVID-19, dove simulavo una conversazione tra due persone, una molto scettica, l’altra più realista. La mia intenzione era di far capire che già nella storia ci sono stati altri “fuochi di paglia“, ovvero agenti patogeni che sembrava dovessero causare la fine del mondo, e invece si sono “limitati” ad alcune aree del globo, dove hanno provocato si delle morti, ma dove sono poi rimasti confinati e poi assimilati a malattie stagionali pre-esistenti.

Il preconcetto.
Molto spesso si parla prima di conoscere qualcosa, lo si fa con estrema leggerezza, magari con banalità, parlando per luoghi comuni, assurgendo a fatti o constatazioni di cui non si hanno prove scientifiche, e si cade in errore.
Oggi il numero più sconvolgente è 920.000. Novecentoventimila.
Novecentoventimila sono le persone morte di Coronavirus (e continuano a crescere ogni giorno), che hanno contratto patologie respiratorie acute e non ce l’hanno fatta. Mi meraviglio di come nessuno dei familiari di queste 920.000 persone mi abbia ricoperto di insulti dopo aver letto il mio precedente post. Sono grato di non essere così popolare.
Dal Nord al Sud, dall’Est all’Ovest, dalle Ande alle Canarie, dall’Oceania al Nord America, da Capo Nord all’Antartide, non c’è un paese al mondo che possa vantare il primato di non aver incontrato il COVID-19 almeno una volta.

Il 2020 resterà nella memoria dell’umanità, nella memoria di tutti noi che possiamo ancora parlarne. Lo racconteremo ai nostri figli, ai nostri nipoti, e alle future generazioni. Racconteremo di come il mondo si è fermato completamente per quasi 3 mesi, di come oramai non possiamo più abbracciarci, stringerci la mano, avvicinarci troppo l’un l’altro, di come siamo obbligati a portare mascherine protettive che ci impediscano di respirare l’aria altrui. Racconteremo loro della stoicità e della volontà dei tanti operatori sanitari del mondo, che sopportano ancora turni massacranti per curare e aiutare le persone affette da questo morbo che ancora conosciamo troppo poco. Racconteremo loro di come sia cambiato il modo di parlare, di conversare, di come solo grazie alla tecnologia abbiamo potuto sopportare mesi di lockdown, riuscendo a vedere e ascoltare i nostri cari dall’altra parte del mondo, o magari solamente dal palazzo di fronte. Racconteremo loro che doveva andare tutto bene, che cantavamo sui balconi, ma che tutto bene non è andato, e ancora non andrà per molto tempo. Racconteremo loro che l’immagine più simbolica e triste di questo terrificante anno è questa:

Sembra una normale parata militare… Ma in quei camion ci sono bare. Tra il Marzo e l’Aprile 2020 ci sono stati così tanti morti, che i cimiteri non sono stati in grado di accogliere tutte le salme, e la maggior parte di esse è stata trasferita in altri comuni, in altre città, per avere una degna sepoltura, lontano da tutti, lontano dagli affetti, lontano da figli, genitori, fratelli, sorelle, mariti, mogli, amici.
Nella mia mente quest’immagine vivrà per il resto della mia vita.

Vita che mi sento fortunato ad avere.
Molti affermano che, a causa di questo virus, hanno avuto il tempo di riflettere, di capire le cose importanti della vita, di cambiare totalmente modo di vedere il mondo e ciò che ci circonda. Al ritorno alla normalità tante persone hanno cambiato lavoro… Tante, invece, lo hanno perso. In 3 mesi di lockdown, molte aziende floride e in crescita, hanno fallito, oppure sono state costrette a licenziare centinaia di dipendenti per sopravvivere. Padri di famiglia, giovani promesse o lavoratrici e lavoratori di lunga data si sono trovati senza impiego da un giorno all’altro, e non hanno potuto dare la colpa a nessuno, se non alla triste sorte capitata loro. Io in questo mi sento più che fortunato: ho potuto continuare a lavorare per tutto il periodo, ho mantenuto il mio posto di lavoro e continuerò a mantenerlo, ma ripenso a tutti coloro che non hanno potuto farlo e oggi si ritrovano sul lastrico.
L’economia mondiale è a pezzi, ci sono Stati che ci metteranno anni a riprendersi dopo il tracollo finanziario che hanno subito per i blocchi dei confini, le mancate esportazioni, il mancato arrivo dei materiali di prima necessità, il turismo non più possibile o altamente ridotto…

Siamo a Settembre, e ormai tutto sembra la normalità. Fare la fila fuori ai negozi, attendendo che le persone escano e arrivi il proprio turno di entrare, è una prassi consolidata. Ricordo ancora le file chilometriche al supermercato per fare la spesa. La paura che dovessimo barricarci in casa, dovendo attendere l’intervento militare per avere i beni di prima necessità recapitati alle porte delle nostre case. Per fortuna non è stato così (anche se in Giappone è successo).
Oggi basta munirsi di mascherina, onnipresente al di fuori della propria abitazione, lavarsi frequentemente le mani con i dispenser oramai presenti dappertutto, e cercare di non creare assembramenti nei locali chiusi. Sembra facile, ma per un popolo come il nostro, abituato a fare festa, ad incontrarsi nelle piazze, a riunirsi per occasioni come compleanni, lauree, o semplicemente matrimoni e funerali, non lo è affatto.

Rimane solo una cosa da sapere: come sarà il futuro? Cosa dobbiamo fare e cosa dobbiamo aspettarci?
E’ difficile rispondere, ma una cosa è sicura: nulla sarà come prima, per molto, moltissimo tempo. Possiamo aspettare che il virus venga assimilato ad una semplice influenza stagionale, o semplicemente attendere la comparsa del vaccino per immunizzarci tutti, ma questo può metterci al riparo da questo COVID-19. Possiamo essere sicuri che non possa esserci un altro virus, magari peggiore di questo, che sta solo aspettando di venir fuori e tornare a contagiare il mondo? Possiamo permetterci il lusso di tornare a vivere come prima, limitando l’igiene a quella ordinaria e ricominciando ad avere contatti fisici senza proteggerci o premunirci? Sarà veramente dura. Nella mia mente, ogni volta che dovrò stringere la mano a qualcuno, penserò se sia davvero necessario farlo oppure se potrò farne a meno. I centri commerciali non potranno tornare ad essere superaffollati sotto Natale, non credo che sarà tollerabile.

E in tutto questo io mi sento molto piccolo.
Piccolo perchè ho peccato di presunzione, ho pensato di conoscere la storia e poter raccontare e giudicare. Ho creduto di conoscere i fatti, e mi sento uno sfigato.
Si, forse ho imparato questo da tutto ciò. Non avere mai più pregiudizi.
Le cose non sono mai come le immagini. Confutare o comprovare, solo questo garantisce di avere una verità assoluta da poter divulgare.

Ad oggi, quindi mi sento solo di poter fare questo:

  • Lavarmi le mani
  • Indossare la mascherina
  • Mantenere le distanze
  • ……..Chiedere scusa.