[Masters of Reality #2] Black Sabbath – Black Sabbath [1970]

N.B.: a differenza dell’interpretazione data all’album degli Area, le informazioni che ho raccolto nei tanti anni di ascolto hanno evidentemente influenzato l’ascolto e la comprensione dei brani, quindi questa volta le descrizioni che farò comprenderanno sicuramente mie personali opinioni, ma anche teorie o fatti raccolti attraverso interviste o siti web.

Possiamo con certezza affermare che nel 1970 nasce, dalla commistione fra Rock e Blues, un nuovo genere musicale, che a tutt’oggi viene identificato con il gruppo di cui sto per parlare, ovvero il Doom Metal. Capostipite del genere è questo album omonimo, Black Sabbath, partorito non tanto dall’esigenza dei 4 componenti del gruppo, quanto da una necessità commerciale. Croci rovesciate, abiti scuri, testi che parlano di figure oscure, religione, inferno e creature malvagie, sono state solo il frutto di una scelta puramente manageriale e di immagine, per propagandare ed effettivamente proporne una nuova al pubblico, quella di un’oscurantismo e una teatralità macabra che avrebbe così attirato una schiera di fans e di devoti seguaci per gli anni a venire e per molto altro tempo. A distanza di anni, la band composta da Ozzy Osbourne, Tony Iommi, Geezer Butler e Bill Ward, ha ammesso che molte delle metafore o degli avvenimenti citati nelle canzoni dell’album sono derivate da esperienze avute direttamente o indirettamente dopo massicce assunzioni di stupefacenti, ma ha altresì negato il loro coinvolgimento in riti satanici o anche solo di venerare il culto del signore degli inferi. Anzi, qualcuno di loro ha rivelato di essere stato sempre di religione cristiana, ma di aver acconsentito a mostrare questo lato e questa immagine per puri scopi commerciali…
Ma parlando dell’album da un punto di vista meramente musicale, esso si compone di 8 tracce, molto dure, dal ritmo pesante e sprezzante delle convenzioni, che penetra a fondo nei timpani e scuote l’anima, arricchito da testi lugubri che spaziano dal religioso (Black Sabbath, N.I.B.) al fantasy (The Wizard, Sleeping Village), facendo una rapida sosta nel sociale (Evil Woman, Wicked World). Black Sabbath spalanca le porte ad un genere di Heavy Metal contaminato da una batteria cruda e una chitarra greve che forniscono un sapore tutt’altro che leggero, inaugurando il genere Doom che è stato di ispirazione a tanti altri gruppi, soprattutto negli anni ’80 e che ancora oggi riconosce i Black Sabbath come i suoi più rilevanti e più grandi primi diffusori.

Black Sabbath

Le leggende (in realtà tutto è stato confermato da diverse interviste) narrano che una notte, sotto gli effetti di pesantissimi stupefacenti, il bassista del gruppo Terence “Geezer” Butler, abbia avuto una terribile visione di una figura nera (“what is this that stands before me? Figure in black which points at me“) ai piedi del proprio letto. Da questa esperienza nasce il titolo della prima iconica traccia, omonima rispetto all’album e alla band stessa. Sarà molto chiaro solo quasi 50 anni dopo, come i suoni di quel temporale all’inizio della canzone apriranno un cerchio che si chiuderà solo con il definitivo ritiro dalle scene del gruppo, avvenuto nel 2017. Ecco qui espresso in forma di testo quello di cui parlavo nell’introduzione: le parole contenute in questa canzone parlano di Satana e dei suoi accoliti, che infestano le deboli menti e le misere vite di coloro che si abbandonano alle tentazioni, finendo quindi per essere inseguiti e divorati dalle malvagità, destinati ad un’esistenza di sofferenze, non solo fisiche, ma anche psicologiche (“Big black shape with eyes of fire, telling people their desire, Satan’s sitting there, he’s smiling“). Cosa può fare un piccolo uomo di fronte alla grandezza del Diavolo in persona? Può solo fuggire, non ha possibilità di affrontare quello che Satana metaforicamente parlando identifica nelle paure dell’individuo, la caduta sarebbe inevitabile. E quindi, si trova spazio solamente per la disperazione (“People running ‘cause they’re scared, the people better go and beware, no, no, please, no…“. Dopo l’intro iniziale con i suoni del tuono, la chitarra di Iommi è prepotente e prevaricante e apre le danze ad un lento incedere di batteria e basso, con la voce quasi lamentosa di Ozzy a intendere la devastazione interiore di cui il testo parla. Sorprendente invece la velocizzazione di un intermezzo prima della strofa finale, quasi a voler rappresentare l’arrivo della Bestia (o volendo andare ad interpretazione, la fuga dell’uomo da essa).

The Wizard

Questa è una delle tracce che preferisco dell’album. E’ una delle rarissime volte in cui conosciamo Ozzy Osbourne non solo come cantante, ma anche come musicista, sempre che un suonatore di armonica possa definirsi tale. Torneremo a sentire l’armonica di Ozzy solamente nel 2020 con il suo album “Ordinary Man” nella traccia “Eat me“. Ma parliamo di questo brano: un testo che ho sempre adorato, dal sentore vagamente fantasy (difatti Geezer Butler ammise di essersi ispirato al personaggio di Gandalf il Grigio de “Il Signore degli Anelli”). Difatti è la storia e la descrizione di uno stregone che arriva in una città, portando gioia e felicità (completamente l’opposto rispetto alla canzone precedente), attraverso i suoi sortilegi e i suoi incantesimi (“evil power disappears, demons worry when the wizard is near, he turns tears into joy, everyone’s happy when the wizard walks by“). Anche dal punto di vista esclusivamente sonoro, la canzone presenta un ritmo molto più “allegro”, che riporta alla mente quello che è stato il primissimo progetto della band, chiamatasi inizialmente “Polka Tulk Blues Band“, scegliendo questo ritmo andante ma mescolando poi volutamente anche una chitarra importante a ricordarci che stiamo pur sempre parlando di una band Metal. Lo stregone non parla, cammina e basta, diffondendo la propria magia (“never talking, just keeps walking, spreading his magic“).

Behind the Wall of Sleep

In questo caso, i musicisti inglesi si ispirano ad un racconto di H.P. Lovecraft, chiamato per l’appunto “Behind the Wall of Sleep” (in italiano “Oltre il muro del sonno“), nel quale un criminale rinchiuso in un manicomio manifesta dei comportamenti che si scopre abbiano origine da alcune visioni dell’uomo avute durante il sonno, che gli permettono di attraversare piani eterei e visitare mondi paralleli, finendo per essere quindi impossessato da un’entità di luce che usa il suo corpo per mostrarsi. Tutto questo è ben descritto nel testo, a partire dalla prima strofa che parla di petali mortali dallo strano potere, visi che mostrano un sorriso letale, come se questo fosse un vero e proprio processo (“Visions cupped within the flower, deadly petals with strange power, faces shine a deadly smile, look upon you at your trial“). Ma il protagonista del racconto finisce per impazzire completamente, perdere il controllo di se stesso e infine morire (“feel your spirit rise with the breeze, feel your body falling to its knees, take your wall of remorse, turns your body to a corpse“). Questo sacrificio corporeo, che lo tramuta appunto in un cadavere, lo rende il perfetto tramite tra l’al di là e il mondo reale, e permette allo spirito di luce di passare e finalmente di risplendere, uscendo dalle tenebre in cui era rinchiuso (“now from darkness, there springs light, wall of sleep is cool and bright, wall of sleep is lying broken, sun shines in, you have awoken“). Un altro brano che si trova a metà fra il puro fantasy della traccia precedente e il lugubre del brano di apertura. Questo album sembra essere quello dei potenti riff iniziali (cosa che vedremo anche con la traccia seguente N.I.B.), e ci regala in questo brano un intro di chitarra assolutamente evocativa e suggestiva, che in realtà ha molto poco di “orrorifico” rispetto, in effetti, a quello che è il significato reale del testo della canzone. Se ci pensiamo, dietro al muro del sonno, ci sono i nostri sogni, i nostri desideri reconditi oppure le nostre paure più inquietanti, quelle che prendono forma dal nostro subconscio solamente quando attraversiamo la fase R.E.M. di una lunga dormita, quindi possiamo dire che in effetti questo brano prende spunto da un racconto, ma parla anche di qualcosa che avviene spesso nelle nostre menti durante la notte.

N.I.B.

Per molto tempo questo acronimo è stato identificato come “Nativity in Black“, in quanto vede la realtà dal punto di vista di Lucifero stesso, che sembra provare amore e voler trascinare in un eterno abbraccio l’ascoltatore, per regalargli un’esistenza infinita e un potere illimitato. La spiegazione sembra essere un’altra e molto più banale: N.I.B. non sarebbe un acronimo, ma una parola che identificherebbe la barba di Bill Ward… Solo quando poi la canzone è arrivata negli Stati Uniti, è stata interpretata come “Natività in Nero“, credendo fosse evidente il legame con il protagonista della canzone. Satana si fa quasi uomo, mostra lati umani (o quasi), implorando di accettare il suo fatale abbraccio e il suo apparente sentimento (“some people say my love cannot be true, please believe me, my love, and i’ll show you“), e ancora di guardarlo negli occhi e prendere la sua mano (“look into my eyes, you’ll see who i am, my name is Lucifer, please take my hand“). Anche in questo caso, quello che leggiamo e ascoltiamo ci fa pensare che i Black Sabbath siano seguaci di Lucifero, magari che eseguano anche dei riti satanici in suo nome, ma come dicevo, la verità è tutt’altra, anche se la spettacolarità e la scenicità di certi compromessi musicali ha contribuito al successo di un pezzo come questo che viene puntualmente riproposto in tutti i concerti dei Sabbath ma spesso anche di Ozzy come solista. Musicalmente, è obbligatorio e necessario citare il giro di basso iniziale incredibile da parte di Geezer Butler, che sappiamo essere intitolato “Bassically“, che introduce poi la chitarra e la batteria in modo altamente spettacolare e conduce gli ascoltatori in questo piacevole e ritmatissimo brano dove la voce di Ozzy, quasi cantilenante, ci accompagna fino alla fine, risultando uno dei pezzi migliori del disco.

Evil Woman

Questo pezzo ha una storia altamente controversa. Si tratta di una cover di un brano della band Crow del 1969, e si capisce fin da subito che è una canzone molto diversa dal resto dell’album, che non ha niente di oscuro, di fantasy, di surreale, di epico, e anche l’impostazione sonora è quasi Soft Rock, come fosse un brano dei Cream, tanto per citare un altro gruppo. La spiegazione è assai semplice: il manager dei Black Sabbath e la casa discografica hanno insistito per inserire questo brano al fine di far diventare il disco “più commerciale”, tanto è vero che è stato anche il singolo di lancio dell’album, fallendo clamorosamente nell’intento. A ormai 52 anni di distanza, quando pensiamo a Black Sabbath come album di debutto, non è certo a Evil Woman che pensiamo. La canzone parla di una donna che si prende gioco del proprio uomo (“Evil woman, don’t you play your games with me“, ovvero “donna malvagia, non fare i tuoi giochetti con me”), e c’è di mezzo anche un figlio, che lei vorrebbe attribuire al fidanzato ma che invece è del suo amante (“you want me to claim this child you bore. Well, you know that it was he, not me“). Insomma, parliamoci chiaro, non proprio un gran pezzo. Stonato all’interno di un album che parla di tutt’altro, questo brano sembra veramente un pesce fuor d’acqua, sia nell’impostazione sonora che in quella puramente testuale. In un’intervista, Ozzy esprime tutto il suo risentimento verso il loro manager di allora, il quale li ha costretti a pubblicare questo brano, e la soddisfazione di vederlo fallire clamorosamente nel compito di promuovere l’album: “We were so resentful about doing it, so when it was a flop, we were relieved. Thank fuck for that.”

Sleeping Village

Il brano più corto dell’album e anche quello con il testo più breve. La canzone riprende un po’ il tema fantasy che avevamo lasciato con “Behind the Wall of Sleep“, con il quale un oscuro presagio si abbatte su un villaggio dormiente, nel quale solo gli animali sembrano accorgersi dell’imminente pericolo (“Sleeping village cock’rel’s cry“). Di quale pericolo parliamo, non si sa. Come per il brano “Iron Man” del secondo album “Paranoid“, sembra abbastanza chiaro e palese che la parte strumentale nella quale chitarra e batteria soprattutto si scatenano e si sovrappongono rappresenti la manifestazione di questo cosiddetto “pericolo” del quale c’era stato un avvertimento all’inizio del brano. Molto affascinante e raramente ascoltabile in brani di questo genere, la “Jew’s Harp“, ovvero lo “Scacciapensieri” iniziale è suonato dal produttore Rodger Bain ed è ciò che caratterizza in maniera inequivocabile questo pezzo così bello e intenso.

Warning

E se quello di prima è stato il brano più corto dell’album, Warning è quello più lungo del disco e in generale uno tra i più lunghi nell’intera discografia dei Black Sabbath… Ben 10 minuti e 27 secondi di canzone. Viene ripreso, seppur in maniera più profonda e sentita, il tema dell’amore e del risentimento per una donna. Questa volta il protagonista del brano si innamora di una donna, ma ben 3 avvertimenti (da qui il titolo “Warning“) lo intimano a non avvicinarsi a lei, avvertimenti che arrivano dapprima dalla natura (“When the sun turned all a blur, and the thunderclouds rolled by. The sea began to shiver, and the wind began to moan“), poi da un sogno profetico (“‘Cause i saw you in a dream and you were with another man“) e infine dalla donna stessa, che gli confessa di non amarlo e di non volerlo (“I just can’t keep from cryin’, ‘cause you say we’ve got to part“). Viene mantenuto quindi un tono piuttosto oscuro e fantasioso, seppur per descrivere una relazione amorosa fra un uomo e una donna, il che rende già di per sè il brano estremamente piacevole. Tuttavia, quello che veramente caratterizza questo brano sono gli oltre 6 minuti di parte strumentale, che variano dagli assoli di basso, di chitarra e di batteria, a sezioni tendenti al Blues, a frammenti di puro Hard Rock, cambiando spesso tempo e velocità. Da questo punto di vista il pezzo risulta eccezionale ed estremamente difficile da replicare, tanto è vero che nella storia molto raramente lo si è visto eseguire live. La separazione musicalmente ineccepibile tra la terza e la quarta (e ultima) strofa rendono “Warning” uno dei brani più riusciti dell’intero disco, segno che nonostante ci si avvicini alla sua conclusione, i Sabbath avevano ancora tantissimo da dare e da raccontare. Piccola ma divertente curiosità: inizialmente il ritornello doveva recitare testualmente “I was warned about you, baby, but my feelings were a little bit too strong“, che avrebbe avuto molto senso e avrebbe richiamato il titolo della canzone… Tuttavia Ozzy ha sbagliato nel registrarlo, ed esso è diventato “I was born without you, baby, but my feelings were a little bit too strong“, che oltre ad avere molto meno senso, toglie anche il riferimento alla parola “Warning” del titolo.

Wicked World

Il primo album dei Black Sabbath si chiude con un pezzo rivolto esclusivamente al sociale. Sembra surreale che già più di 50 anni fa, si parlava di problemi così attuali, come l’inutilità della guerra, la politica corrotta e insensibile alle problematiche dell’uomo comune o semplicemente la difficoltà delle ragazze madri costrette a lavorare per mantenere un figlio che neanche sa chi è suo padre. Wicked World l’ho sempre trovato un brano un po’ atipico, sicuramente un po’ più ispirato rispetto a “Evil Woman“, ma comunque un po’ fuori posto. Ritroviamo anche qui quelle atmosfere un po’ allegre, un po’ Folk, molto meno “Doom Metal” rispetto all’inizio del disco e ad alcuni dei brani fin qui analizzati. Nelle tre strofe, i Black Sabbath contestano la crudeltà umana in generale (“The world today is such a wicked place, fighting going on between the human race“), poi la classe politica in particolare (“They can put a man on the Moon quite easy, while people here on Earth are dying of old diseases” [trovo molto affascinante questo parallelo tra la Luna e la Terra, n.d.r.]) e infine sottolineano uno dei tanti problemi che affliggono la società, ovvero la mancata speranza di un bambino che vive un’esistenza molto dura, con una madre costretta a lavorare e un padre sconosciuto e assente (“Child sitting crying by a life that’s harder, he doesn’t even know who is his father“). Possiamo dire che per un album così importante avremmo preferito una conclusione più… Epica. Ma poteva anche andare peggio, e Black Sabbath” resta nella storia come uno dei primi (se non il primo in assoluto) album Heavy Metal, fonte di ispirazione per i gruppi che verranno nei decenni successivi.

I Black Sabbath sono: Terence Michael Joseph “Geezer” Butler, Frank Anthony “Tony” Iommi, William Thomas “Bill” Ward, John Michael “Ozzy” Osbourne.